Aeroporti, così diventeranno intelligenti e più efficienti
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Tecnologia

Aeroporti, così diventeranno intelligenti e più efficienti

Sicurezza e imbarchi velocissimi, notifiche dettagliate sugli smartphone. Le innovazioni per prendere (meglio) il volo svelate al forum europeo di Sita

da Amsterdam

Di sicuro sarà un'evoluzione che farà felici sia gli ansiosi che gli amanti del brivido del last minute: entro il 2020, ma è una stima prudente perché parecchio già si muove oggi, potremo leggere sullo schermo del nostro telefonino quanta fila c’è e dunque i minuti di attesa necessari per superare i varchi di sicurezza; a che ora inizia l’imbarco del nostro aereo, il numero del gate e, persino, il tempo esatto necessario per raggiungerlo a partire dalla nostra posizione dentro il terminal. All’arrivo, non appena toccheremo terra, sempre lo smartphone indicherà il numero del nastro dove ritirare il bagaglio. Il cellulare, inoltre, potrà funzionare come una sorta di navigatore, guidandoci passo dopo passo dentro l’aeroporto. Indicazioni che potremo avere a disposizione anche sul nostro smartwatch, perfetto per ospitare il biglietto (Tim Cook docet), o direttamente ad altezza occhio, se porteremo sul naso i Google Glass.

«Vogliamo modificare radicalmente l’esperienza del passeggero da quando prenota un posto su un volo fino a quando arriva a destinazione» promette Dave Bakker, presidente europeo della Sita,  la società internazionale che traina le innovazioni del trasporto aereo e che ha organizzato un forum ad Amsterdam per anticipare i passi in avanti nel settore. Chiamando in causa i robot (come quelli che già parcheggiano le auto nello scalo di Düsseldorf) e potrebbero sveltire la gestione delle valigie o dare assistenza ai passeggeri, magari muovendosi su ruote nei terminal e mostrando su un tablet il volto di un operatore collegato da una sala di controllo; la stampa in 3D di interi chioschi per le informazioni e l’automazione dei processi di imbarco; gli schermi interattivi e flessibili. Insomma, tutti gli sviluppi che la tecnologia ha messo in cantiere attaccati come un adesivo trasparente sull’esperienza quotidiana dentro gli aeroporti di domani.   

I numeri snocciolati nel corso del summit in Olanda raccontano che il settore non ha paura di investire per crescere: 73 miliardi di dollari sono stati spesi per ordinare 745 nuovi bestioni del cielo solo dalle compagnie del Vecchio Continente. Tutta la filiera del trasporto in quota impiega 12 milioni di addetti. Nel 97 per cento dei casi (esatto, il 97 per cento), i passeggeri che prendono un aereo hanno con sé almeno un tablet, uno smartphone o un computer portatile, uno su cinque li ha addirittura tutti e tre, l’81 per cento possiede un telefonino di ultima generazione. Insomma, per dirla con un gergo appena un po’ tecnico, c’è un’enorme base installata di dispositivi che giustifica e incentiva un'iniezione di hi-tech in tutte le fasi. A cominciare dal check-in, che è sempre più on line: avviene dal pc, dal cellulare, oppure nei chioschi in aeroporto.

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Il vero salto di qualità, la frontiera, è l’automazione completa dei processi nei terminal. Lo promettono, di nuovo, i numeri: oggi nel 34 per cento dei casi negli scali si trovano macchine automatiche per etichettare e spedire i bagagli (foto sotto), saliranno all’82 per cento entro nel 2017; e se si smarrisce una valigia, è prassi denunciare l’accaduto a un operatore. Lo si può fare presso un chiosco, oggi, 18 volte su 100. Tra tre anni saranno 65 su 100. La ragione di questa sete di automazione? Velocizzare i processi, ridurre le attese, è abbastanza ovvio. Nella stessa logica s’inserisce l’Abc, che non è una voglia matta di riavvolgere il nastro e ricominciare daccapo, dalle basi, ma l’abbreviazione per «Automated border control», un brevetto della Sita, attivo in via sperimentale anche all’aeroporto di Fiumicino a Roma, che sfoltisce le file consentendo il controllo passaporti a distanza. In partenza e all’arrivo. Il passeggero inserisce il documento in un lettore, si mette davanti a una fotocamera e il sistema fa il suo dovere, allertando l’operatore in caso qualcosa non torni. Non è esclusa l'opportunità di rilevare le impronte digitali. 

Sita

C’è una fetta di privacy da mettere sul piatto, il discorso è abbastanza consunto, ma con il riconoscimento facciale (la Virgin Atlantic resta sibillina, ma lascia intendere di essere molto avanti su questo sentiero) non dovremo più mostrare a una hostess, prima di salire a bordo, il documento d’identità e la nostra carta d’imbarco. E non dovremo nemmeno passare su un lettore il codice che brilla sullo schermo dello smartphone. Schermo che peraltro sul più bello si spegne o ruota su se stesso provocando malumori e mal di pancia a chi aspetta dietro di noi. Cosa accadrà? In prima battuta per i frequent flyer, chi viaggia spesso con la medesima alleanza di compagnie, la corrispondenza tra il nostro volto e il biglietto sarà già nel sistema. Basteranno cinque secondi perché il varco li riconosca e si apra permettendo loro di avere accesso all’aeromobile.

Per non parlare delle potenzialità della realtà aumentata, grande promessa che da anni fatica a decollare, ma in aeroporto può mostrare sullo schermo del telefono, inquadrando un’area di un terminal, quali sono i negozi più vicini, dove si trova la lounge, dove i bagni. La chiave, l’elemento che tiene insieme tutto il ragionamento, è che non si tratta di strumenti che suonano in modo isolato tra loro, ma di un concerto. Un’orchestra. Nigel Pickford, direttore marketing di Sita, definisce la visione d’insieme come «Universal data service», una grande rete che metta insieme le informazioni che arrivano a un cervellone da fonti plurime: dalle strade per raggiungere l'aeroporto, dai parcheggi dei terminal, dai varchi di sicurezza, dai gate, per avere un quadro completo, in ogni momento, di cosa sta succedendo in ogni centimetro di uno scalo. Per rafforzare il personale dove ce n’è bisogno o tenere aggiornati i passeggeri sulla più piccola minuzia rilevante per il loro viaggio. Certo, si alza il rischio di un sovraccarico di informazioni e avanza in parallelo la necessità di un linguaggio unico, ovunque, per comunicarle al meglio e con coerenza. Ma rimane l’evidenza: di questo passo, prendere un aereo diventerà incredibilmente semplice e veloce.  

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Marco Morello

Mi occupo di tecnologia, nuovi media, viaggi, società e tendenze con qualche incursione negli spettacoli, nello sport e nell'attualità per Panorama e Panorama.it. In passato ho collaborato con il Corriere della Sera, il Giornale, Affari&Finanza di Repubblica, Il Sole 24 Ore, Corriere dello Sport, Economy, Icon, Flair, First e Lettera43. Ho pubblicato due libri: Io ti fotto e Contro i notai.

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