ACTA, in Europa l’accordo ha già un piede nella fossa
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ACTA, in Europa l’accordo ha già un piede nella fossa

Un’altra commissione europea boccia ACTA, l’accordo più temuto dagli attivisti online verrà probabilmente affossato dal voto del Parlamento Europeo il prossimo 4 luglio

Che fine ha fatto ACTA, la bestia nera della libera espressione in Rete, l’incarnazione più temibile dei provvedimenti contro la violazione del diritto d’autore online? A quanto pare sta agonizzando, almeno in Europa, dove la Commissione per il Commercio Internazionale (INTA) ha espresso parere negativo sull’adozione di un simile accordo anti-contraffazione. È la quinta volta che una commissione interna al Parlamento Europeo si esprime negativamente su ACTA, ed è ormai opinione comune che quest’ultimo no anticipi la possibile bocciatura che il Parlamento Europeo potrebbe esprimere con il voto ufficiale del prossimo 4 luglio.

Per chi non lo sapesse, ACTA sta per Anti-Counterfeit Trade Agreement (accordo commerciale anti-contraffazione) e si pone il dichiarato obiettivo di contrastare ogni tipo di “contraffazione”, un termine sufficientemente vago per mettere sotto lo stesso ombrello scarpe taroccate, farmaci generici e materiale piratato in Rete. La forza, e la pericolosità, di ACTA consiste in un utilizzo strategico della vaghezza per allargare il più possibile il campo d’azione. Mettendo nel mirino tutti gli Internet Service Provider che in qualche modo “favoriscano” la pirateria “su scala commerciale”, l’accordo colpisce allo stesso modo chi sfrutta materiale coperto da copyright a fini di lucro, e chi invece lo condivide gratuitamente con altri utenti. Gli esperti che hanno esaminato il documento di ACTA non hanno esitato a paventare il rischio che questo strumento venga utilizzato per applicare sanzioni penali contro qualunque sito si azzardi anche solo ad ospitare dei link che rimandano a siti che offrono materiale piratato. Questo, potenzialmente, potrebbe significare un bavaglio preventivo per Facebook, YouTube, Google e qualunque portale offra agli utenti la possibilità di condividere link e contenuti.

Il no della commissione INTA si inserisce nel solco delle proteste che hanno costellato l’ultima e più trasparente fase (i governi ne discutono in sordina dal 2008) dell’iter legislativo di ACTA. Lo scorso gennaio, pochi giorni dopo che un epocale sciopero della Rete aveva chiuso nel cassetto due provvedimenti pericolosi come SOPA e PIPA, la comunità Web era tornata a serrare i ranghi per contrastare quello che ufficialmente è stato presentato come un accordo commerciale anti-contraffazione. Anche se il termine “presentato” non è del tutto corretto, dal momento che per molto tempo ACTA è stato un accordo discusso a porte chiuse tra i governi di decine di nazioni in tutto il mondo, in un’atmosfera di segretezza che alla fine è andata a pesare sulla decisione della Commissione INTA di bocciare il documento con 19 voti contro 12.

Secondo il senatore democratico dell’Oregon, Ron Wyden sarebbe proprio stata l’aura di segretezza a minare la credibilità dell’accordo “Quest’ultimo rifiuto di ACTA invia un forte segnale su come i trattati che hanno un impatto sulla libertà di Internet non possano più essere negoaziati in segreto. Spero che i legislatori smetteranno di attribuire questa sconfitta a una supposta ‘disinformazione online” e cpmprenderanno invece che provvedimenti come questo richiedono il coinvolgimento dei milioni di utenti per i quali Internet è una parte importante della vita quotidiana.

A gennaio Kader Arif, l’europarlamentare francese incaricato di stendere un rapporto su ACTA, ha rimesso l’incarico a Bruxelles denunciando come l’accordo fosse stato scritto e formalizzato a porte chiuse per poi essere sottoposto all’approvazione da parte dei governi senza che questi avessero prima ottenuto il via libera dei rispettivi parlamenti. La protesta contro ACTA era poi entrata nel vivo a febbraio, quando decine di migliaia di attivisti hanno riempito le piazze delle principali città europee. Il risultato è stato che alcuni governi, come quello polacco, decisero di fare marcia indietro e ritirare la propria firma dall’accordo.

L’ultimo chiodo sulla bara di ACTA verrà probabilmente battuto il prossimo 4 luglio, quando il Parlamento Europeo verrà chiamato a esprimersi su un accordo che cinque commissioni (Commercio Internazionale, Libertà Civili, Industria, Affari Legali e Sviluppo) hanno già bocciato. Ma l’Europa non sembra essere l’unica a volersi sfilare dall’accordo. L’India e alcune nazioni africane sono preoccupate della possibilità che ACTA vada a ostacolare l’afflusso di farmaci generici nei loro paesi. Ci sono poi paesi come l’Australia, gli Stati Uniti, il Canada, il Giappone e la Nuova Zelanda che pur avendo sottoscritto ACTA, ancora stentano a ratificare ufficialmente l’accordo nelle rispettive legislazioni.

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Fabio Deotto