Tecnologia

Facebook è adatto ai bambini?

Facebook sta esplorando la possibilità di aprire il social network ai minori di 13 anni, lasciando che gestiscano un proprio account sotto la supervisione dei genitori. E la Rete si spacca in due

Per rimettersi in carreggiata, dopo le sonore batoste finanziarie degli ultimi giorni, a Menlo Park le stanno provando un po’ tutte. Qualche settimana fa si era parlato di status a pagamento (Highlight), ieri poi Facebook ha deciso di chiedere direttamente agli utenti di esprimersi sui nuovi provvedimenti presi in fatto di privacy e utilizzo dei dati personali (a proposito, potete votare fino al prossimo 8 giugno, cliccando qui ). Oggi, è uscita la notizia secondo cui Facebook sta lavorando a un prototipo di servizio modificato volto a consentire anche alle persone di età inferiore ai 13 anni di aprire un proprio account e partecipare alla vita del social network.

La notizia si è abbattuta sul già accidentato panorama hi-tech con l’effetto di un meteorite. Oggi, infatti, ai ragazzini e ai bambini di età inferiore ai 13 anni non è concesso di utilizzare Facebook. Secondo il Wall Street Journal, Zuckerberg e colleghi stanno lavorando a una versione modificata di Facebook che consenta ai minori di 13 anni di utilizzare il servizio sotto la supervisione dei genitori (i quali dovrebbero anch’essi essere registrati al servizio). In termini concreti, questo significa che i genitori avrebbero la possibilità di decidere a quali gruppi e contenuti i loro figli possono dare un Like, quali App possono o meno utilizzare e quali servizi a pagamento acquistare.

Esistono diversi motivi plausibili per cui Facebook potrebbe davvero lanciare una simile operazione. Il primo, naturalmente, ha a che fare con i profitti. Nella situazione finanziaria in cui versa l’azienda di Menlo Park, ogni fonte di monetizzazione merita di essere esplorata a fondo e, allargando il bacino di utenza fin sotto la barriera dei tredici anni, si potrebbero aprire interessanti prospettive sia per quanto riguarda il fronte pubblicitario (responsabile dell’80% degli introiti di Facebook) sia per quanto riguarda i social game (Zynga da solo contribuisce al 12% degli introiti).

Ma esiste anche una motivazione più pressante (e, volendo, pragmatica) della semplice necessità di batter cassa. Sebbene agli under-13 di oggi sia vietato l’accesso a Facebook, molti di loro accedono comunque al sito mentendo sulla propria età anagrafica. Basti pensare che fino all’anno scorso ben 7,5 milioni di under-13 utilizzavano quotidianamente Facebook, tra questi ben 5 milioni avevano meno di 10 anni. Questo pone Facebook in una posizione difficile, dal momento che in molti paesi esistono barriere legislative che di fatto impedisco la raccolta di dati personali provenienti da persone così giovani.

Con la creazione di un’entrata di servizio per bambini e ragazzini, Facebook punta anche a risolvere questo problema, senza dover elaborare costosi sistemi di screening, che difficilmente si rivelerebbero risolutivi. Va detto, tuttavia, che la decisione di porre l’utilizzo di Facebook sotto la supervisione dei genitori potrebbe non risultare poi così efficace, dal momento che secondo gli ultimi studi condotti spesso sono gli stessi genitori a indurre i figli a mentire sulla propria età pur di guadagnarsi un posto nella più affollata delle piazze virtuali.

Mark Zuckerberg, d’altro canto, non ha mai nascosto l’intenzione (o la necessità) di eliminare ogni barriera anagrafica all’interno del suo social network, affermando che si tratta di “una battaglia che prima o poi bisogna affrontare”. Ora quel momento sembra essere arrivato:

Recenti studi hanno dimostrato quanto sia difficile imporre restrizioni anagrafiche su Internet, soprattutto quando i genitori vogliono che i propri figli possano accedere a contenuti e servizi online” ha dichiarato un portavoce di Facebook. Nel frattempo, la Federal Trade Commission sta lavorando a un disegno di legge chiamato Children's Online Privacy Protection Act e volto a limitare i dati che i siti web possono raccogliere dall’attività online dei ragazzini. A quanto pare Facebook avrebbe già speso oltre 650.000 dollari in lobbying per ottenere una revisione di questa legge, ma la questione è ancora lungi dall’essere risolta.

Nel frattempo, la comunità web si è spaccata esattamente in due. Da un lato c’è chi solleva gli scudi affermando che i bambini non hanno le conoscenze e l’esperienza necessarie a decidere se e come condividere i propri dati online, ed è convinto che cominciando a condividere contenuti fin da piccoli, gli individui rischino di rovinarsi la reputazione una volta adulti. Dall’altro c'è chi invece è convinto che le persone debbano toccare con mano i pericoli insiti nell’attività social, e farlo il prima possibile, per arrivare così all’età adulta con tutti gli strumenti necessari a muoversi con sicurezza nel complicato mondo del Web 2.0.

Voi cosa ne pensate? Lascereste vostro figlio di 6 anni libero di aprirsi un account e diventare a tutti gli effetti cittadino della più grande nazione distribuita del Web? Lasciateci una vostra opinione nei commenti.

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Fabio Deotto